donne in nero

"Non ero ancora nata quando i miei genitori furono scacciati dalla Palestina.
Sono nata profuga, ma mi ricordo bene quando Beirut fu attaccata.
Ci dissero che i militari israeliani non sarebbero arrivati fino ai campi.
Ma nemmeno noi potevamo credere che potessero venire qui e andare casa per casa ad ammazzarci.
Invece fu così. Cominciarono a mezzanotte.
Al mattino di quel primo giorno, rimandarono nei campi quelli che tentavano di fuggire, dicendo che non sarebbe successo niente.
Il giorno dopo, gli anziani, protetti solo da stracci bianchi, che avevamo pure piazzato sui tetti in segno di resa, andarono incontro ai soldati che avanzavano.
Non tornarono più.
Allora mia madre fece scappare nel rifugio mio padre e metà della famiglia: donne e bambini, pensava, non li avrebbero toccati.
Ma presto capì che ci avrebbero massacrato tutti.
Allora spalancò porte e finestre, tappò la bocca ai bambini, e ci nascondemmo in uno dei due bagni: l'avrebbero creduta una casa vuota.
Così fu.
Invece mia sorella mandò i bambini nel rifugio, e li perse.
Perché li ho lasciato andare? E' stata l'unica cosa che mia madre è riuscita a dire nei quattro anni che seguirono.
Poi, semimuta e paralizzata, è morta senza mai perdonarsi."

da una testimonianza raccolta da Erminia Romano a Chatila il 17 settembre 2001

"A Gerusalemme, speranza ed umanità stanno morendo. Israele si sta trasformando in un cimitero di bambini che cresce ogni minuto, come un regno sotterraneo che si estende sotto i nostri piedi, trasformando tutto ciò che ci circonda in una landa di desolazione. In questo regno abita la mia bambina, insieme al suo uccisore palestinese, e il sangue dell'una e dell'altro si mescolano sulle pietre di Gerusalemme, ormai da tempo indifferente al sangue. Riposano laggiù con tanti altri bambini e tutti sono stati turlupinati. L'uccisore della mia figlioletta è stato ingannato perché il suo omicidio e il suo suicidio non hanno cambiato nulla, non hanno posto fine all'occupazione israeliana, né gli hanno spalancato le porte del Paradiso … sono stati turlupinati entrambi perché il mondo continua a girare come se il loro sangue non fosse mai stato versato. Il poeta Dylan Tomas ha scritto: 'E la morte non avrà regno'. A Gerusalemme, da dove provengo, la morte ha ricevuto il suo regno … Mi hanno domandato spesso se provassi il bisogno di vendicare l'uccisione della mia bambina … Ed io cito in risposta il verso del grande poeta Balik: 'Satana non ha ancora creato una qualche vendetta per il sangue di un bambino' …perché dopo la morte di un bambino non c'è vendetta, perché non c'è più morte né vita. Dopo la morte di un bambino, il solo sentimento che resti, l'unico desiderio, la sola esigenza, che rimarrà insoddisfatta per sempre, è quella di proteggere il bambino … di stringerlo tra le braccia … Le madri sanno che la morte di un solo bambino, un bambino qualsiasi, serbo o albanese, iracheno o afgano, palestinese o ebreo, è la morte del mondo intero, del suo passato e del suo futuro …
Se il mondo non ascolta la voce delle madri, fra pochissimo non vi sarà più niente da dire, più niente da ascoltare, se non i lamenti di un lutto senza fine."

Nurit Peled-Ehaman, israeliana, premio Sacarov 2001 insieme alla palestinese Izzat Ghazzawi: due madri di cui l'una ha avuto la figlia uccisa nell'attentato provocato dal figlio dell'altra

fotografie di erminia romano

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